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lunedì 12 novembre 2012

Un viaggio nello spazio rallenta l'invecchiamento dei muscoli

Un gruppo di scienziati internazionali ha mostrato che viaggiare nello spazio puo' aiutare un verme microscopico a vivere di più. Come si può leggere nel notiziario europeo ''Cordis'', esperimenti effettuati da ricercatori provenienti da Canada, Francia, Giappone, Usa e Gran Bretagna hanno evidenziato che quando il verme Caenorhabditis viene mandato in orbita, l'accumulo di proteine tossiche, che normalmente si depositano e provocano l'invecchiamento, si inibisce.

L'esperimento, che si e' svolto nel 2004, ha visto la spedizione di vermi vivi sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) a bordo della missione olandese DELTA. Come si legge sulla rivista ''Scientific Reports'', il gruppo ha scovato un insieme di geni che si sono espressi a livelli piu' bassi nel corso del volo, e quando questi vermi tornano sulla Terra, tendono a vivere piu' a lungo. 


"Abbiamo identificato 7 geni che subivano una sotto-regolazione nello spazio e la cui inattivazione incementava la durata della vita in condizioni di laboratorio", ha spiegato Nathaniel Szewczyk dell'Universita' di Nottingham, che ha aderito all'esperimento. "Uno dei geni che abbiamo identificato codifica l'insulina che, a causa del diabete, e' risaputo essere associata al controllo metabolico".

"Nei vermi, nelle mosche e nei topi l'insulina e' anche correlata alla modulazione della durata della vita. Si sa che i muscoli tendono a ridursi nello spazio e questi ultimi risultati suggeriscono che si tratti quasi certamente di una risposta adattiva e non di una patologica'', conclude il ricercatore.

lunedì 23 luglio 2012

Tra 17 miliardi di anni l'universo si ridurrà in brandelli

La fine dell'Universo avverrà tra 16,7 miliardi di anni, quando ci sara' un 'grande strappo' provocato dall'energia oscura, ovvero la forma ancora misteriosa di energia che costituisce il motore dell'espansione dell'universo e che lo occupa per il 70 per cento. Lo affermano i fisici teorici dell'Accademia cinese delle scienze, in base ai calcoli da loro elaborati e pubblicati sulla rivista Science China: l'energia oscura condurrà l'Universo ad espandersi fino a provocare 'strappi' che lo ridurranno in brandelli. Rivedendo alcuni dei parametri di una delle ipotesi cosmologiche piu' accreditate sul destino dell'Universo, il ''Big Rip'' o grande strappo, gli studiosi cinesi hanno determinato che il tempo ancora a disposizione prima della 'morte' dell'Universo sia attorno ai 17 miliardi di anni. In una inesorabile catena di eventi, la Via Lattea si smembrera' 33 milioni di anni prima della 'fine', mentre la Terra verra' prima strappata via dalla sua orbita e infine, 16 minuti prima della morte dell'Universo, sarà dissolta. La visione catastrofistica e' la diretta conseguenza della recente teoria denominata ''Big Rip'' ed elaborata nel 2003, sulla base delle conoscenze attuali sull'espansione accelerata dell'Universo. Si sa infatti a partire dagli anni Novanta che l'universo, nato dal ''Big Bang'' o grande esplosione 13,7 miliardi di anni fa, sia soggetto ad un'espansione rapida, ossia si espanda in modo 'forzato', sotto la 'spinta' prevista in principio dai modelli teorici della relativita' e oggi identificata come energia oscura, una sorta di energia del vuoto che 'allarga' lo spazio e che costituirebbe il 70% dell'Universo. Secondo la teoria del Big Rip, a causa dell'espansione accelerata ogni oggetto fisico, a partire dalle galassie ai pianeti e agli esseri viventi fino agli atomi, verra' lentamente 'stirato'; letteralmente fatto a pezzi e ridotto a singole particelle elementari che continueranno ad allontanarsi tra loro in una sorta di gas sempre meno denso, in un lento e inesorabile strappo. Studiando alcuni dei parametri legati al destino dell'Universo, in modo particolare la relazione fra pressione e densita' della materia oscura, i ricercatori hanno sviluppato uno scenario futuro in cui, con un livello di fiducia del 95 per cento, il tempo ancora a disposizione per l'Universo sia al massimo 17 miliardi di anni.

giovedì 28 giugno 2012

Sperimentazione di innesto di staminali per curare la Sla

Una sperimentazione italiana ha effettuato per la prima volta un impianto di cellule staminali in un uomo affetto da Sclerosi Laterale Amiotrofica (Sla). Le cellule sono state estratte da un feto morto per cause naturali, dunque non ci sono possibilità di questioni etiche. Una piccola quantità di tessuto nervoso potrebbe bastare a trattare sino a un centinaio di pazienti, affetti anche da altre patologie neurologiche degenerative. L'intervento è stato realizzato da un gruppo guidato da Angelo Vescovi, il direttore dell'Irccs Casa Sollievo della Sofferenza di San Pio, a San Giovanni Rotondo (Foggia) e, per la parte neurologica, da Letizia Mazzini, responsabile del Centro Sla dell'ospedale Maggiore della Carità, a Novara. L'intervento è stato eseguito dal gruppo di Neurochirurgia diretto da Sandro Carletti, affiancato da Cesare da Cesare Giorgi e Nicholas Boulis, dell'americana Emory University di Atlanta. Riportando le parole di Vescovi, il degente “sta bene, è di buon umore, mangia e respira bene''. L'uomo è stato colpito dalla patologia 3 anni fa e ora non riesce più ad articolare le parole, accusando peraltro problemi alle braccia e alle gambe. Per il momento mantiene la facoltà di respirare in maniera autonoma. Altri diciotto pazienti saranno trattati nell'ambito della stessa sperimentazione. Gli studiosi precisano che si tratta di uno studio di fase I, volto quindi solo a verificare la sicurezza della tecnica. Le staminali prelevate dal feto sono state trasferite nel paziente grazie a tre iniezioni nel lato sinistro del midollo spinale lombare, ognuna delle quali composta da 15 millesimi di millilitro e con circa due milioni e mezzo di cellule staminali cerebrali.

Arriva il vaccino stile PacMan per smettere di fumare

Dire addio al fumo è un po' come stare in un videogioco. "Pensiamo a Pacman. Gli anticorpi dell'organismo viaggiano ovunque nei vasi sanguigni. Se ogni volta che incontrano una molecola di nicotina riescono a bloccarla, possono impedirle di arrivare al cervello e produrre i suoi effetti nocivi". Ronald Crystal, genetista presso la Cornell University di New York, sintetizza così la sua visione di un vaccino in grado tramite una sola iniezione di liberare per sempre una persona dal vizio del fumo. Il rimedio contro il tabagismo oggi viene sperimentato sui ratti. Prima che arrivi in farmacia ci vorranno ancora i test sull'uomo, ma gli sforzi per contrastare il meccanismo della dipendenza dalla nicotina non saranno mai sproporzionati rispetto ai benefici. Il fumo infatti è considerato responsabile di una morte su sei. Il vaccino in sperimentazione a New York punta a spezzare il meccanismo della dipendenza. L'anticorpo-Pacman, dopo aver abbracciato la molecola di nicotina, forma un agglomerato ingombrante, incapace di superare quel filtro selettivo che tutela il cervello dall'ingresso di sostanze estranee. La nicotina da sola non fa fatica a superare la barriera, uscire dal circolo sanguigno, entrare nel cervello e legarsi ai recettori del piacere, generando quella dipendenza da cui meno di un individuo su tre, fra quelli che decidono di smettere, riesce a liberarsi nel corso della vita. "Ogni boccata di fumo - dicono gli studiosi coordinati da Crystal su Science Translational Medicine - contiene oltre quattromila sostanze chimiche differenti, tuttavia è la nicotina il vero responsabile del meccanismo della dipendenza".  Convincere gli anticorpi ad attaccare la nicotina nel sangue prima che raggiunga il cervello non è cosa facile. Le molecole rilasciate dal fumo sono infatti troppo piccole perché il sistema immunitario le riconosca come nemiche. E i vaccini sperimentati finora, a base di anticorpi già maturi e addestrati a identificare e distruggere la nicotina, sono risultati efficaci per periodi troppo brevi. "Spesso chi riceveva le iniezioni lamentava problemi di allergia o febbre" spiega Laura Carrozzi, epidemiologa della Società italiana di medicina respiratoria, dell'Azienda ospedaliero-universitaria pisana e del Cnr. "In alternativa, si usano ormai comunemente prodotti sostitutivi del tabacco somministrati attraverso cerotti, inalatori o pasticche, un antidepressivo chiamato bupropione o un farmaco detto vareniclina, che si lega parzialmente ai recettori della nicotina nel cervello. Tutti questi prodotti alleviano i sintomi dell'astinenza, ma non bastano a smettere di fumare se manca la forza di volontà". A differenza dei vaccini tradizionali, questo contiene una sequenza di geni con tutte le istruzioni necessarie alle cellule per sintetizzare l'anticorpo-Pacman. Il frammento di materiale genetico viene inserito in un virus. Il microrganismo si occuperà di trasferirlo nelle cellule del fegato, dove inizierà la fabbricazione dell'anticorpo. I topolini che hanno ricevuto il vaccino nel laboratorio di New York hanno visto il livello di nicotina circolante nel sangue ridursi al 15 per cento della dose normale. E il fatto che l'anticorpo fosse prodotto direttamente dal fegato ha reso l'effetto di una singola iniezione permanente nel tempo. "Per il momento abbiamo svolto gli esperimenti solo nelle cavie" precisa Crystal. "Ma abbiamo fiducia che questa strategia possa aiutare i milioni di fumatori che hanno deciso di liberarsi dal vizio ma non hanno la forza per riuscirci".