domenica 4 novembre 2012

Rilanciato da un manager il laboratorio molecolare di Pomezia

Nessuno ci credeva, anzi in molti attendevano rassegnati la chiusura data per certa. Invece l'Irbm, l'Istituto di ricerca di biologia molecolare di Pomezia, ce l'ha fatta e, dopo la decisione della proprietà, la multinazionale farmaceutica Merck & Co, di chiudere i laboratori italiani, è riuscito a mantenere l'attività e la qualità di progetti competitivi a livello internazionale. Il che è già un vero miracolo di questi tempi. Ma non è tutto, perchè messa al sicuro la sopravvivenza, oggi il centro rilancia con nuovi contratti e una road map più che ambiziosa. L'Irbm era nato nel 1990 da una joint venture tra due colossi del farmaco, Merck e Sigma Tau, per operare nel campo della virologia dell'ingegneria genetica delle bio-tecnologie. A dirigere i progetti scientifici era arrivato direttamente dall'European Molecolar Biology Laboratory (Embl) di Heidelberg Riccardo Cortese, biologo molecolare affermato a livello mondiale, in grado di attirare nel Lazio molti ricercatori motivati e brillanti.


E i risultati arrivano rapidamente. ''Eravamo fortemente coesi tra noi'', racconta Anna Tramontano, esperta di bio-informatica e oggi docente di Bio-Chimica presso l'Università di Roma La Sapienza: ''  Perchè volevamo contare nel panorama internazionale  ''. Detto fatto: nei laboratori di Pomezia viene scoperta la molecola dell'Isentress, un farmaco per la terapia dell'Aids, l'unica vera novità farmacologica degli ultimi anni in questo campo, dicono gli esperti, le cui proiezioni di vendita nel 2009 si stimavano intorno ai 500 milioni di dollari. Ma proprio quello stesso anno arriva la doccia fredda: Merck taglia in tutto il mondo, e l'Irbm finisce nei tagli. La scelta è irrevocabile, ma la multinazionale non vuole chiudere e basta, cerca una soluzione. E la notizia innesca una grande mobilitazione nel Lazio per trovare un rimedio: la Regione stanzia dodici milioni di euro nella legge di assestamento di bilancio (che rimarranno solo sulla carta), l'Unione Industriali tenta di mettere insieme una cordata di imprenditori. E i ricercatori, a corto di fiducia, cercano di ricollocarsi in Italia o in Usa, disperdendo competenze e prezioso 'know how'.


E in questo contesto, nel punto più vicino al baratro, che entra in gioco l'interesse dell'imprenditore romano Piero Di Lorenzo che coagula interessi e capitalizza l'intenzione di Merck di cedere i beni patrimoniali e immobiliari, molte delle apparecchiature scientifiche all'avanguardia, indispensabili per poter proseguire l'attività di ricerca e anche una serie di progetti coperti da brevetto che possono rappresentare la base per assicurare la continuità e scongiurare il peggio''. La serietà dell'operazione si riscontra nel lavoro e nei nuovi progetti, fra cui la realizzazione di un laboratorio Gmp (Good Manufacturing Practices), riconosciuto dalle autorità europee e americane, dove si producono adenovirus che vengono poi utilizzati nelle ricerche di terapia genica e vaccini. Con l'Istituto Superiore di Sanità e il Cnr è stato creato il consorzio Cnccs da cui è nata la Banca Europea dei composti molecolari per archiviare decine di migliaia di molecole scoperte ma mai sviluppate e metterle a disposizione di aziende, laboratori e università.

fonte: L'Espresso, pag. 122, 1 novembre 2012, a cura di alessandra cattoi

2 commenti:

  1. grazie post molto interassante come sempre

    RispondiElimina
  2. hai approfondito una rgomento interessante, purtroppo da sempre in Italia si investe poco nella ricerca, soprattutto farmaceutica a tutto discapito dell'Italia...del resto molti dei brevettio e delle scoperte scientifiche sono realizzate da Italiani ma...all'estero

    RispondiElimina