mercoledì 31 ottobre 2012

Messa a punto cartilagine in laboratorio grazie a cellule staminali adulte di topo

Realizzata in laboratorio la replica della cartilagine, con l'ausilio di cellule staminali adulte riprogrammate. Questa innovativa metodologia, progettata da un team di ricercatori facente parte della Duke University (Stati Uniti), promette di rivelarsi un fondamentale strumento per trattare le degenerazioni articolari. La cartilagine è un elemento fondamentale per le nostre articolazioni in quanto consente di compiere tutte quelle attività quotidiane di cui riempiamo la vita: correre, camminare, salire le scale. Con il tempo tuttavia l'usura legata al tempo che passa o alcuni infortuni che possono verificarsi magari nel tempo libero la danneggiano e favoriscono l'insorgenza dell'osteoartrite.


Da questo studio, apparso sul celebre 'paper' di settore ''Proceedings of National Academy of Sciences'', viene fuori che le cellule staminali adulte adoperate nella ricerca sono le pluripotenti indotte (o iPSCs) provenienti dal midollo osseo o dal tessuto adiposo: «La tecnica è basata sull'uso di staminali adulte e sulla loro ri-programmazione, che le porta ad acquisire nuovamente le proprietà delle cellule staminali embrionali», afferma Farshid Guilak, autore senior dello studio. Secondo gli studiosi americani, la lavorazione di questo tipo di cellule staminali potrebbe costituire una valida fonte per rinnovare qualsiasi tessuto, e nello specifico la cartilagine, che per sua natura una volta deteriorata non riesce a rigenerarsi.


La cartilagine è un tessuto fondamentale per garantire l'effetto «ammortizzatore» nelle articolazioni che rende possibile camminare, salire le scale, saltare e svolgere tutte le attività quotidiane senza dolore. La normale usura e gli infortuni a cui si può andare incontro nel corso della vita, però, possono diminuire la sua efficacia e favorire un processo di degenerazione, e poiché la cartilagine ha scarsa capacità di auto-ripararsi, i danni dovuti all'osteo-artrite spesso richiedono la sostituzione articolare. La tecnica di riprogrammazione delle cellule staminali adulte in staminali embrionali è la stessa messa a punto e successivamente perfezionata dallo studioso inglese John Gurdon, dall'italiano Giovanni Caldara e dal nipponico Shinya Yamanaka, che proprio quest'anno è valsa loro il Premio Nobel per la Medicina.


«Le cellule staminali adulte sono limitate nelle loro potenzialità e le cellule staminali embrionali aprono molte questioni etiche - commenta Guilak -. Questa ricerca, condotta sui topi, dimostra che è possibile creare una quantità illimitata di cellule staminali in grado di trasformarsi in qualsiasi tipo di tessuto. In questo caso la cartilagine, che non ha la capacità di rigenerarsi da sola». «Il vantaggio di questa tecnica è che consente di coltivare un approvvigionamento continuo di cartilagine - chiosa Guilak -. Questa tecnologia che si basa sulle cellule staminali pluripotenti indotte potrebbe anche venire utilizzata per individuare farmaci per trattare l'osteoartrite, disturbo per il quale, al momento, non esiste cura o terapia efficace». Le cellule staminali pluripotenti indotte sono state ottenute sottoponendo a un cocktail di quattro fattori di trascrizione cellule del tessuto connettivo (fibroblasti) di topo. Successivamente i ricercatori hanno spinto le cellule a “trasformarsi” in cellule che producono collagene, ossia i condrociti, inserendo nella coltura un fattore di crescita. Una volta ottenuti, i condrociti sono stati indotti a esprimere una proteina fluorescente verde grazie alla quale sono stati identificati. La scoperta suggerisce che le cellule simil-staminali ringiovanite possano diventare una valida fonte di cartilagine articolare paziente-specifica. Una sorta di miniera per "costruire" nuova cartilagine su misura per il paziente da trattare. Il prossimo passo sarà creare cartilagine partendo da cellule dell'uomo.


Il team medico-scientifico ha usato fibroblasti (cellule del tessuto connettivo) adulti di topo ottenendo così staminali ringiovanite, che sono state poi differenziate in condrociti (cellule che producono il collagene). Le cellule erano riconoscibili grazie a una proteina fluorescente verde, che ha segnalato l'avvenuta trasformazione. Le staminali ringiovanite hanno prodotto importanti quantità di componenti della cartilagine, tra cui il collagene, che hanno mostrato la caratteristica rigidità del tessuto originale, suggerendo l'ipotesi che questa versione "biotech" possa funzionare come quella naturale nel riparare le lesioni. Gli autori dello studio sono riusciti a mettere a punto un sistema per far differenziare in condrociti le iPSC derivate da cellule adulte di topo.

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