giovedì 11 ottobre 2012

I laburisti britannici contro i colossi del Web: ''In Irlanda solo per le poche tasse!''

In Gran Bretagna, cova un sentimento anti-colossi tecnoaziendali. Anzi, secondo il parlamentare laburista John Mann che ha coniato la sgradevole definizione di 'anti-social network', persino peggio. Mann dice, a tal proposito: «Queste aziende sono false e immorali». Perché? Perché quando ci si mette a tavola a fare i conti della serva, si scopre all’improvviso che il futuro brillante offerto da un pianeta interconnesso, in cui basta un click per vagare da un lato all’altro della terra, non è poi così rassicurante. Se merci e messaggi viaggiano tra un oceano e l’altro annullando il tempo e lo spazio, le aziende che riscuotono i profitti di questo nuovo mondo terribilmente ubiquo fissano invece le loro sedi in luoghi fisici in cui le tasse sono davvero una bazzecola. L’Irlanda ad esempio, vero paradiso di chi investe sul mondo virtuale. A mandare su tutte le furie l’inquieto John Mann sono stati i numeri legati agli affari Facebook in Inghilterra. Un giro da 175 milioni in dodici mesi che ha portato soltanto 238 mila sterline nelle casse di Sua Maestà. La quasi totalità delle vendite passa da Dublino ed è dunque lì che finiscono le fatture. Moralmente discutibile, ma sostanzialmente legale. Tanto che anche Apple, Amazon (il sito di vendite più diffuso nel Regno Unito, con un giro d’affari che ammonta sui 3 miliardi), Google e eBay si sono affidati allo stesso contestato metodo. La cassaforte britannica è rimasta a secco, ma i cinque giganti internettiani hanno risparmiato nell'anno 2011 una cifra che si attesta sui 640 milioni di sterline. «Questi colossi beneficiano della struttura internet del nostro Paese ma non offrono alcun contributo fisico. La cosa equivale a guidare una automobile senza pagare il bollo», ha ammonito Mann, consigliando poi al Governo di inserire una nuova tariffa - «piccola, ma significativa» - sul traffico nel Web. «Perché la Gran Bretagna dovrebbe investire tanto sulla banda larga se poi chi la utilizza ci ignora del tutto? Nel sistema ci sono troppe scappatoie e scorciatoie. E' una cosa immorale!».  L’Independent ricorda con una punta di veleno alcune recenti orgogliose affermazioni del geniale-bimbo-ricco Mark Zuckerberg, che afferma: «Facebook non è stato creato per essere un’azienda, ma per svolgere una missione sociale: ossia fare del mondo un posto più aperto e connesso». Facebook non ha voluto commentare sulla stima degli affari condotti nel Regno Unito e attraverso un portavoce ha solo affermato: «come è normale che sia per un’azienda presente in decine di nazioni sparse per il mondo, compiliamo report sulle nostre attività locali; queste informazioni però non rispecchiano necessariamente le performance globali quindi sarebbe un errore tirare delle conclusioni sulla base di questi report». Il trucchetto utilizzato è del tutto legale ed è per altro prassi comune per i colossi dell’era 2.0 come Apple, Google e Amazon: “esportare” i profitti in Irlanda, dove si trova il quartier generale di Facebook per l’Europa (Amazon, dal canto suo, ha scelto invece il Lussemburgo).

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