
I bèbè appena nati ricorderebbero e riconoscerebbero le parole già dopo appena pochissimi giorni di vita. La tesi suggestiva è dimostrata da uno studio in gran parte italiano, grazie al contributo del professor Giovanni Caldara, ma coordinato da Jacques Mehler, studioso facente parte della Scuola Internazionale di Studi Avanzati (Sissa) e pubblicato sulla rivista dell'Accademia di Scienze degli Stati Uniti. Lo studio, condotto presso l'ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine esaminando 44 neonati, a pochi giorni dalla nascita, mette in evidenza per la prima volta che la regione frontale destra del cervello potrebbe supportare il riconoscimento vocale già durante le primissime fasi di acquisizione del linguaggio. L'archiviazione delle parole nel nostro cervello comincia già dalla culla. Al lavoro hanno partecipato anche Francesco Macagno dell'ospedale Santa Maria della Misericordia e Marina Nespor della Sissa. Ricerche recentissime, fanno sapere gli esperti, mostrano che già dal momento della nascita zone specifiche del cervello umano si attivano quando si ascoltano delle parole. Tuttavia finora non si sapeva se il cervello dei neonati riuscisse anche a codificare e a ricordare il suono delle parole. Per approfondire questo aspetto, i ricercatori hanno condotto dei test su 44 neonati. «Abbiamo detto ai bambini delle paroline semplici e dopo due minuti le abbiamo ripetute, i test prevedevano o di ripetere le stesse parole, oppure di cambiare le vocali e lasciare le stesse consonanti oppure viceversa, cambiare le consonanti e lasciare le stesse vocali» spiega la prima autrice, Silvia Benavides-Varela che quando ha condotto la ricerca era alla Sissa e che ora lavora all'Ospedale San Camillo di Venezia. Per stabilire la capacità di memorizzare il suono di una parola e di distinguerlo, i bambini durante i test sono stati esaminati con una tecnica non invasiva chiamata spettroscopia nel vicino infrarosso che consiste «nel dirigere un fascio di luce nel vicino infrarosso sulla testina del bambino - comunica la ricercatrice - e poi misurare la luce in uscita. Una parte della luce viene assorbita e la differenza ci dice quali sono le reti corticali che si attivano durante il test». Ai bebè, durante la prima fase del test, sono state fatte ascoltare alcune parole (sequenze di sillabe senza senso, ma con una struttura simile alle parole) che fungevano come riferimento. Nella seconda fase di riconoscimento ascoltavano, invece, altre sequenze che potevano essere foneticamente simili o dissimili. I ricercatori hanno osservato che quando, durante il test, i neonati ascoltavano parole con le stesse vocali di quelle sentite in precedenza, nelle regioni frontali destre (le stesse che si attivano quando gli adulti ricordano le parole) si registravano i 'segni' notoriamente correlati al riconoscimento. Al contrario, se le parole avevano vocali diverse ma le stesse consonanti, questi segni di riconoscimento erano assenti. L'attività cerebrale dei piccoli è stata monitorata mediante una topografia ottica. Il lavoro mostra che la regionale frontale destra, la quale è la stessa che si attiva negli adulti nel corso del ricordo delle parole, è quella che si «accende» nei neonati durante il riconoscimento vocale e in particolare mostra che i bambini riconoscono solo le parole che hanno le stesse vocali delle parole ascoltate in precedenza. E' stata scattata cosi' la prima istantanea della memoria, descritta sulla celebre rivista di settore 'Pnas'. La ricerca, effettuata dalla New York University, dà nuove prospettive sulla formazione della struttura molecolare della memoria e fornisce informazioni utili per lo sviluppo di futuri farmaci per la cura dei disturbi della memoria.
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